La protezione dei dati non è un optional. Ormai nell’ultimo periodo abbiamo sentito molto spesso parlare alla televisione di diritto alla salute, di quanto sia importante salvaguardare questo diritto rispetto a tutti gli altri che, data l’emergenza pandemica, vengono considerati quasi secondari e messi in secondo piano.
Abbiamo assistito in questi mesi a fughe di milioni di dati, anche di natura particolare, messi per sbaglio on-line dall’INPS, a iniziative “fai da te” di raccolta di dati riguardo presenze di eventuali sintomi influenzali o provenienza dalle zone rosse, all’introduzione di applicativi tecnologici che tracciano spostamenti e contatti, all’obbligo della misurazione della temperatura dei dipendenti che entrano in azienda, e, notizia delle ultime ore, al tracciamento dei clienti per ristoratori, estetisti e parrucchieri.
La situazione che si ci prospetta oggi davanti, a due anni dall’entrata in vigore in Italia del famoso Regolamento UE 2016/679, noto come GDPR, fa intendere come l’attenzione che si pone alla materia lasci un po’ a desiderare. Pur comprendendo l’importanza che rivestono questi dati per le Autorità che ne potrebbero, in caso di necessità, fare ricorso, chi ci assicura che questi dati non vengano manipolati o che vengano effettivamente distrutti in modo adeguato una volta giunti a termine del periodo di conservazione? E’ meglio bloccare il virus, costi quello che costi, oppure è comunque necessario salvaguardare la privacy delle persone? Fin dove ci si può spingere?
Bisogna sicuramente trovare il punto di equilibrio. Ci troviamo, infatti, d’innanzi ad una situazione di emergenza in cui occorre bilanciare il bene della collettività con la tutela della dignità dell’individuo.
E’ per questo che non possiamo permetterci di considerare la privacy come farebbe il tuttologo della porta accanto. Perché, in questo caso, non si deve parlare di privacy ma di protezione dei dati personali. Questo concetto ben si differenzia dal il diritto alla riservatezza, comunemente riassunto sotto il nome “privacy”, in quanto quella che si deve realizzare è una libera circolazione dei dati fondata su trasparenza informativa e sicurezza del dato. Quest’ultimo, quindi, può essere trattato, purchè si assicuri un ottimo grado di attenzione e protezione.
Ogni soluzione ha i suoi pro e contro, ed il titolare deve stare molto attento a valutare i contro, soprattutto se si parla di trattamento di dati. Ogni titolare dovrà ricordarsi di rispettare e salvaguardare la dignità dell’individuo, che sia un dipendente, un cliente o un fornitore. E’ per questo che si raccomanda il rispetto delle norme previste dal Gdpr, espletando i vari adempimenti previsti dalla normativa sulla protezione dei dati personali, a partire dalla verifica della liceità del trattamento, l’informativa da dare agli interessati, l’aggiornamento del registro dei trattamenti, la revisione delle procedure per gli incaricati che trattano dati.
L’Unione Europea, con l’adozione del GDPR, ha voluto distinguersi da paesi come la Cina o la Corea del Sud che, non solo oggi con la scusa della lotta al Coronavirus, controllano in modo persuasivo e costante i gusti, le abitudini e ogni piccolo aspetto della vita in generale di ognuno dei suoi cittadini.
Perché farsi da soli scacco matto? I nostri dati rappresentano quello che siamo. Perché non proteggerli e lasciare agli altri la possibilità di violentarli senza dire neanche una parola?
Diritto alla salute o diritto alla protezione dei dati? Velino Consulenze sceglie entrambi!
Dott.ssa Valentina Iacuitto
Consulente GDPR