Già Google e Snapchat avevano tentato l’impresa qualche tempo fa. Ora ci riprova Facebook, seguite da Apple, TCL e Xiaomi, che hanno anch’esse il progetto in cantiere.

Insomma, a differenza di diversi anni fa in cui gli occhiali “intelligenti” erano una fantasia cinematografica e usati solo Tony Stark per comunicare con il suo assistente digitale Jarvis nei film della famosa saga cinematografica dell’MCU (Marvel Cinematic Universe), oggi, possiamo invece dire che sono realtà.

Facebook in collaborazione con Ray-Ban, marchio di proprietà del gruppo italiano Luxottica, da Settembre, ha lanciato sul mercato i “Ray-Ban Stories – Smart Glasses”, degli occhiali connessi al nostro smartphone con cui si possono scattare foto, ascoltare musica, pubblicare contenuti sui social, rispondere alle telefonate e registrare video con comandi vocali o premendo un pulsante sull’asta destra degli occhiali.

Poiché gli occhiali sono associati all’app Facebook View, dove, di conseguenza, vengono caricati tutti i dati, comprese le immagini o i dati biometrici di terzi che vengono ripresi spesso in maniera inconsapevole, l’utilizzo di questi occhiali sta generando, però, non pochi dubbi e preoccupazioni riguardo al trattamento dei dati.

Il primo problema consiste nel fatto che, come ha anche osservato Guido Scorza, membro dell’Autorità Garante per la privacy, nel momento in cui si scatta una foto che si pubblica poi sui social, si condividono i dati personali anche di quei soggetti che finiscono nell’immagine incidentalmente. Quindi pensate cosa succederebbe se il dispositivo venisse usato con leggerezza da utenti che non hanno la piena consapevolezza dei rischi connessi alla condivisione dei dati personali, come nel caso di minorenni. Anche se il dispositivo è dotato di un tasto fisico di switch-off della funzione smart e una spia led luminosa che si attiva quando la telecamera sta registrando, non tutti sono coscienti del fatto di trovarsi di fronte ad un applicativo tecnologico in grado di registrare e condividere informazioni. Per cui quello che bisognerebbe fare non è tanto guardare al design del prodotto ma alla comunicazione trasparente che le aziende dovrebbero fare, soprattutto nei confronti di quei soggetti che non sono al passo con un mondo tecnologico che corre sempre più forte e con le esigenze di innovazione repentina, spesso capace di produrre scenari che solo poco tempo prima non apparivano nemmeno lontanamente immaginabili.

Sulla base di queste preoccupazioni, il Garante per la protezione dei dati personali ha chiesto all’Autorità Garante irlandese, competente in quanto la sede europea di Facebook è appunto in Irlanda, di sollecitare Facebook affinché risponda ad una serie di quesiti per verificare l’impatto concreto degli occhiali sulla privacy dei cittadini.

 

Valentina Iacuitto